MOQ / Italia Online: Forum di Swelsh Stimolato dai lavori di Pirsig, ho deciso di mettere per iscritto alcuni dei risultati di questi stimoli in forma di piccoli saggi. Sono sicuro che siano soltanto bozze con diverse imprecisioni, ma rappresentano i miei sforzi da principiante di inserire qualche elemento della metafisica della qualità nella vita di tutti i giorni. Vi prego di esprimermi le vostre opinioni sia che questo saggio sia interessante, banale, con un minimo potenziale o qualunque altra cosa. Saranno molto gradite e di grande aiuto. Il mio indirizzo è: swelmal@aol.com.
Chiunque, ovunque viva una vita concentrata, dedicata all'impegno per qualcosa, si confronta con questa frase: "Non fai altro che giocare a tennis? Ogni giorno? Hai bisogno di vivere la vita!" Ma la questione è: esattamente che tipo di vita dovrei vivere? Una come la tua; provare per alcune insignificanti ore, alcune insignificanti volte a settimana, a impiegare la maggior parte del tempo a dare la caccia alle ragazze a feste a base di alcool e droga in casa di amici? O una come la tua; lavorare dalle nove alle cinque, con un lavoro senza prospettive, che prova a convincerti ad andare avanti in cambio di qualche extra e spendere il tempo libero in viaggi verso luoghi esotici con la pretesa che il cambio di paesaggio cambi anche il senso di vuoto che senti dentro? O una come la tua ; accumulare titoli accademici come un bambino in una caccia al tesoro per poi passare le estati in giro per il mondo per diventare più "ricco" e più "colto"? O ancora una come la tua; andare in chiesa ogni Domenica come tutti si aspettano, recitando le sacre scritture come altri ti chiedono, concedendo la tua comprensione ai pagani come ti hanno insegnato e poi bestemmiare bere e peccare quando ce n'è bisogno? E' così? E' così che dev'essere? Cos'è dunque importante nella vita? Il numero delle cose che fai? O il numero delle esperienze che vivi ? Se vado a vedere il Grand Canyon, il Taj Mahal, le piramidi d'Egitto e la Casa Bianca, allora vivo davvero? Se studio duramente a scuola, trascurando il tempo per il divertimento, l'amore e le scappatelle - ovviamente fatte all'insaputa dei genitori -, arrivo al massimo nella mia classe, vengo ammesso agli studi in una "buona università" - <<La mia piccola Susie prende sempre 10. Andrà all'università! >> - , e dopo continuo con un ottimo master che mi permette di trovare un buon lavoro che mi porti via dai banchi di scuola e mi permetta di vedere il mondo, allora vivo davvero? Se facessi tutto questo, la smetterei di camminare nel cuore della notte domandandomi qual è lo scopo di tutto ciò? Sarò in grado a quel punto di smettere di provare così disperatamente a trovare un nuovo, grande, sconvolgente evento dato che odio i momenti in cui tutto è tranquillo e sono solo senza far niente? L'attuale problema nella società e nella vita di tutti i giorni ovunque è che la gente crede davvero a questa frase. La gente pensa veramente che impegnandosi troppo si perda il sentiero della vita che si crede di vivere. La gente ha bisogno di capire che vivere la vita consiste nell'esatto contrario. Vivere la vita è trovare una passione singolare e seguirla fino alla fine; diventando parte integrante di quello che fai, facendosi completamente inghiottire da tutto ciò che costituisce la tua passione. La filosofia ci insegna che, "Quando capisci una cosa, capisci tutto." E' vero. Dedicandosi ad uno scopo, lo si comprende dentro e fuori. Non lo conosci solo in piccola parte per passare subito a qualcosa di diverso. Lo conosci completamente e quando lo fai, tutto ti si svela. Arrivi a capire il funzionamento del mondo intero. Non siamo scollegati dagli altri e dal mondo intero. Noi non siamo "qua dentro" e il mondo "là fuori". Tutto è collegato. Siamo tutti sulla stessa barca ed è questa consapevolezza che ci guida alla serenità. Tutti noi abbiamo paura di essere soli. Una conoscenza compiuta ci svela che non lo siamo. Siamo tutti uguali. Tutto così inizia ad avere un senso. La vita è piena di significato. Per spiegarmi, faccio un esempio. Diciamo che ami il tennis e che vuoi diventare un maestro. Non un maestro come quelli di cui hai sentito che si lavano i denti in macchina sulla strada per andare a lezione, che stanno tutta la notte a divertirsi con le mogli ricche nei circoli e danno lezioni perché non vogliono trovarsi un "vero lavoro". Diciamo che vuoi davvero insegnare a giocare. Allora ti metti a leggere tutti i libri che trovi sui grandi maestri e, dato che leggere libri sul tennis potrà soltanto farti diventare come il resto dei maestri che hanno creato quel cattivo stereotipo, inizi a pensare a dei metodi tuoi per far migliorare un allievo. Ti siedi con una racchetta in mano e ti cimenti in prese e colpi e passanti, nessuno dei quali vada "bene". Allora guardi i professionisti e analizzi come giocano e se il loro gioco va "bene" e perché. Quando ti si presenta l'occasione, provi a mostrare all'allievo il modo migliore per lui, o lei, e vedi se funziona e perché. Presto inizierai a capire cosa fa migliorare il tuo allievo e a fidarti di questo. Ora, come risultato del tempo impiegato a pensarci su, il tuo metodo di norma funzionerà perché non stai insegnando qualcosa traendolo da un libro o da una videocassetta, ma stai insegnando davvero la qualità. Stai insegnando qualcosa che funziona perché hai eliminato tutto il resto. Presto ti accorgi che ci sono molti modi per giungere al meglio e cominci a esaminare questi modi in modo da scoprire come ogni allievo può raggiungere il meglio nel minor tempo possibile. Senza stupore, molti tuoi allievi migliorano rapidamente. Allora ti avvicini a quello che non migliora. Ma invece di descrivere l'allievo come un pigro o uno stupido e andare a prenderti una birra, ti siedi a casa e provi a capire perché non migliora. Dopo un po' ti accorgi che l'apprendimento si blocca da qualche parte nella testa del tuo allievo. Da qualche parte nella sua mente c'è un gran muro che non vuole venire giù e sospetti che probabilmente c'è stato un problema da qualche parte nella sua infanzia. Forse quel muro si regge sulla paura dei rimproveri dei suoi genitori. Forse il muro viene dalla paura di fallire. Forse il muro è l'apatia formata dal dare importanza ad altre cose come le feste o la scuola o la religione o le ragazze. In ogni modo, sai che il muro esiste e inizi a trovare modi per demolirlo. A volte viene giù come se fosse stato colpito da una macchina demolitrice e a volte crolla un mattone alla volta. Ma a meno che il problema non sia troppo grande, ti accorgi che quasi sempre crolla. Con la demolizione del tuo primo muro inizia l'investigazione su come eliminare tutti i muri. Ma l'unico modo per fare questo è studiare i tuoi allievi molto da vicino. In questo modo puoi iniziare a individuare facilmente ogni indizio del muro e puoi impedire al muro di diventare troppo grande. Molto presto potrai riconoscere i muri a miglia di distanza mentre starai già trovando moltissime strade per aggirarli. Forse capirai che l'attitudine di uno studente a apprendere e i muri che impediscono questo apprendimento sono direttamente correlati a ciò che quella persona è. Impari che puoi riconoscere la personalità di una persona da come sta andando la sua lezione e capire meglio quanto velocemente ogni miglioramento stia arrivando. Improvvisamente ti accorgi che da una lezione da un'ora puoi riconoscere esattamente chi è questa persona, come si è formata, dove sta andando e chi sta diventando. Allora capisci che questa percezione non è confinata al solo tennis. Ti ritrovi per strada a guidare, scrutando nell'anima della gente dal finestrino. Vai al supermercato e puoi ipotizzare la storia del tuo sacchetto di carta o plastica. Ti accorgi che ciò che i tuoi studenti stanno imparando sul campo da tennis è ciò che ognuno vorrebbe imparare bene nella vita. Tutto è in relazione. Il mondo intero comincia ad avere più senso. Tutto ciò accade quando capisci UNA COSA. Se questo stesso maestro di tennis avesse lavorato part-time in una banca, non avrebbe avuto modo di guardare a fondo in ciò che faceva. Se avesse passato tutto il suo tempo viaggiando da un seminario all'altro, non sarebbe stato sul campo ad imparare cosa imparavano i suoi allievi. Se avesse "vissuto la vita" e se fosse uscito fuori a socializzare, non avrebbe voluto pensare a trovare la strada migliore. Ciò che questo maestro avrebbe ottenuto sarebbe stata una vita riempita da migliaia di piccole cose insignificanti impossibili da ricordare e un modesto stipendio da utilizzare per attivare ancora più cose. Dimmi, è una vita, questa? Allora, prima che tutta questa gente ti faccia sentire colpevole per il tuo impegno e ti faccia credere che ti stai perdendo tutto il divertimento, pensaci su. Vuoi cose o conoscenza? Quando le feste e i sermoni e le vacanze e i lavori di casa sono finiti, chiediti se siano stati un bene. Dopo che tutto è stato detto e fatto, hai vissuto la vita?
Domande correlate: Come mai l'impegno totale ha una così cattiva fama? A partire da cosa l'esperienza di ciò diventa il 'modus operandi' per un'esistenza di qualità? In quale momento la società ha preso questa strada sbagliata? Chi indirizzerà tutta questa gente verso un vivere di qualità? Cos'è accaduto di così sbagliato da far sì che la gente la pensi in questo modo?
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