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Zen e l'Arte della Rivoluzione La
metafisica è una branca della filosofia che si occupa della natura
dell'esistenza e della realtà. E' considerata una filosofia naturale, o
una scienza parente stretta di quella branca della scienza moderna nota
come fisica. La differenza tra queste due branche teoretiche è descritta
dal filosofo del sedicesimo secolo, Francesco Bacone, in una delle sue
opere più famose, “Il progresso della conoscenza”: «la fisica dovrebbe contemplare ciò che si riferisce alla materia ed è dunque transitorio; e la metafisica ciò che è astratto e durevole» (citato in Gilson e Langan 28). Dunque,
Bacone fissa l'esistenza di una realtà dinamica o fisica, e di una realtà
statica, o metafisica. Altro
concetto fondamentale alla comprensione della metafisica è la teoria
della mente e del corpo. E' stata una questione dibattuta ferocemente fin
dagli inizi degli studi metafisici. Alcuni sostengono il dualismo, vale a
dire ritengono che mente e corpo siano entità separate senza alcuna
relazione; altri il monismo, vale a dire ritengono che le due entità non
possano essere distinte al livello della realtà (Jesseph 430). I monisti
materialisti sostengono che tutta la realtà sorge dalla materia, in
opposizione al credo idealista che la realtà è creata dalla mente (Jesseph
430). Molti filosofi cristiani, come Nicolas Malebranche, suggeriscono che
il collegamento fra mente e corpo possa essere trovato soltanto attraverso
Dio (Gilson e Langan 93). Non esiste un singolo corpo di teorie che si
possa definire una visione metafisica, piuttosto c’è un’intera serie
di controversie, come quella fra dualisti e monisti, che dà origine a
questa branca della filosofia.
Posto
che la metafisica è una definizione filosofica e, per certi versi,
astratta di ciò che è statico, la rivoluzione è un fenomeno molto reale
di ciò che è dinamico. Una rivoluzione è un cambiamento significativo
nel corso degli eventi storici, determinatosi attraverso sforzi specifici
di un singolo uomo, o dell'intera umanità. Si sono avute nella storia
diverse rivoluzioni socioeconomiche, fra cui le più rilevanti forse sono
state, nella preistoria, lo sviluppo del linguaggio e dell'uso di
strumenti, che, da allora, hanno avuto un effetto enorme sul corso degli
eventi umani. Uno dei più conosciuti pensatori americani del XX secolo,
R. Buckminster Fuller, evidenzia l'importanza di questi eventi remoti nel
suo “Critical Path”, in cui scrive: «si
è dovuta realizzare una quantità enorme di avanzamenti tecnologici per
rendere possibile all’uomo andare sulla Luna e ritornare salvo. Nessuno
di quegli avanzamenti sarebbe stato realizzato, se per prima cosa non vi
fosse stato lo sviluppo di manufatti, per tutta la durata della storia
umana» (347).
Dunque
è evidente l'importanza di interpretare la rivoluzione socioeconomica
come progresso di eventi fra di loro connessi. Lo sviluppo della
rivoluzione industriale mondiale, o anche l'emancipazione femminile del XX
secolo…. sono tutti parte
integrante dello sviluppo dell'umanità. Le
rivoluzioni spirituali e politiche sono un po' diverse da quelle
socioeconomiche per la loro connessione con lo sviluppo del pensiero o
dell'opera dell'uomo. Gli insegnamenti di uno sconosciuto falegname
giudeo, conosciuto col nome di Gesù di Nazareth e quelli di un asceta
orientale, conosciuto col nome di Siddhartha Gautama, sono stati
trasformati in intere rivoluzioni di pensiero; e credo proprio che abbiano
avuto un impatto rilevante sulla storia dell'uomo. Anche le rivoluzioni
politiche sono rivoluzioni di pensiero, ed hanno una grande influenza sul
corso della storia. Una rivoluzione politica può essere distinta da un
colpo di stato, che è la presa del potere da parte di una minoranza,
poiché questo non determina modificazioni sostanziali nella struttura
sociale di un paese quanto le rivoluzioni. Colpi di stato, rivolte e
ribellioni sono spesso un fallimento o riescono a determinare a malapena
un cambio della guardia in chi detiene il potere, senza nessun cambiamento
fondamentale della struttura sociale o di governo. La
rivoluzione politica è un grande Evento Qualità. Una rivoluzione
politica è un tentativo riuscito di cambiare il metodo o la condizione
del sistema politico di un paese. Una rivoluzione politica inizia con i
bisogni disperati di una minoranza, e spesso finisce con il consenso di
una maggioranza. Le rivoluzioni politiche sono il prodotto ideologico di
leader intellettuali, individui che portano avanti l'idea che c’è
bisogno di un cambiamento immediato. Cosa
si intenda qui per Evento Qualità lo si desume dalla Metafisica
della Qualità, una teoria proposta dal filosofo contemporaneo Robert
Pirsig nei suoi libri ”Lo Zen e l'Arte della Manutenzione della
Motocicletta” e “Lila, indagine sulla morale”. La
conclusione stessa di Lila è un modo appropriato per affrontare una
discussione sulla Qualità: «Buono come sostantivo e non
come aggettivo: questo intende dire la Metafisica della Qualità.
Naturalmente la Qualità ultima non è né un sostantivo né un aggettivo
né alcunché di definibile; ma se avesse dovuto riassumere in una sola
frase tutta la sua metafisica, Fedro avrebbe certamente scelto quella» (468). E'
necessaria una discussione più approfondita per una migliore comprensione
di questa teoria. Nei suoi scritti Pirsig rifiuta il dualismo
soggetto/oggetto (mente/corpo), proprio di molti metafisici, affermando
che ad un certo livello il soggetto e l'oggetto sono la stessa cosa.
Fedro, il personaggio di fantasia dei suoi libri che si rifà a Pirsig
stesso, affronta la questione se questo bene ultimo, questa Qualità che
di cui parla, sia soggettiva o oggettiva. In ”Lo
Zen e l'Arte della Manutenzione della Motocicletta” Pirsig scrive: «[Fedro] era consapevole che
ogni dilemma si presta non a due, ma a tre confutazioni classiche […]
Poteva optare per il corno sinistro […] oppure poteva prendere il corno
destro […] oppure poteva afferrare il toro per entrambe le corna
e negare che la Qualità potesse essere solo oggettiva o soggettiva».
A
questo punto Fedro comprende che questa Qualità, questa eccellenza o
valore, non è una certa proprietà misurabile cui possa essere data
un’esatta misurazione, come un peso od un prezzo. Perciò capisce che la
Qualità non può essere oggettiva: non si può, ad esempio, determinare
che la nona sinfonia di Beethoven è il 20% meglio della sua propria
ottava parte. Fedro inoltre realizza che la Qualità non è semplicemente ciò
che ci piace. Se fosse così, nell'esempio già citato, ascoltare
Beethoven non avrebbe più valore del non ascoltare nulla.
Infine, la conclusione di Pirsig, attraverso il pensiero di Fedro,
è che la Qualità «è l'evento nel quale il soggetto diviene
consapevole dell'oggetto». Arriva a questo punto a vedere che
soggetto ed oggetto sono creati dalla Qualità, e non sono essi la causa
della Qualità. Soggetto ed oggetto sono simili allo yin e yang del Tao.
Senza oggetto non ci sarebbe soggetto: nei fatti, è l'oggetto che
permette l'autocoscienza del soggetto. Nel
suo secondo libro, “Lila”,
Pirsig usa il personaggio di Fedro per dar forma ad una soluzione al
problema del dualismo. Invece di suddividere l'universo in soggetti ed
oggetti, Fedro tenta una divisione fra realtà statica e Dinamica. La
realtà statica ha a che fare con schemi di valore e con la moralità, la
quale esiste in una certa società o in un certo periodo. La realtà
Dinamica, invece, è, secondo la descrizione di Pirsig, «la punta di
diamante della realtà, la sorgente di tutte le cose, del tutto semplice e
sempre nuova». In Pirsig il progresso
dell'umanità sembra assomigliare molto una navigazione a vela; la società
salta in avanti verso un nuovo livello di comprensione, poi si sposta
lateralmente e crea una complessa rete di credenze e di moralità, sulla
base di tali comprensioni, prima di procedere nuovamente in avanti. All'interno
degli schemi statici che compongono l'universo, Fedro fissa un sistema di
moralità stratificata: inorganica, biologica, sociale ed intellettuale. I
livelli sono via via più importanti, nel senso che ognuno ha il diritto
di divorare il livello sottostante. La vita, per esempio, ha il
diritto biologico di sopravvivere sulla morte inorganica a cui l'universo
fisico minaccia di portarla. Un medico ha il diritto sociale di
distruggere un batterio biologico per il miglioramento dell'umanità. Il
livello finale, il diritto del dominio intellettuale sulla società, è
questione più complessa. Bodvar Skutvik, studioso ed esperto norvegese di
Metafisica della Qualità, scrive a proposito del livello intellettuale: «Pirsig
nomina pochi schemi intellettuali al ruolo di predominio sul livello
sociale: diritti umani, libertà di parola, giusto processo»
(1). Skutvik inoltre evidenzia che i valori intellettuali negli
ultimi secoli hanno cominciato a sovvertire i valori sociali, con evidenze
quali le guerre per la democrazia (2). Le
rivoluzioni politiche, già in precedenza definite Eventi Qualità,
hanno causato cambiamenti massicci in diversi momenti della storia del
mondo, ed in diverse parti del globo, ed in tutti i livelli dell'universo
statico di Pirsig. Che sia un bene o un male, possiamo concludere senza
dubbio che hanno inciso sulla velocità e sulla direzione del progresso
delle attività umane a bordo della “astronave Terra”. Esempi di
rivoluzioni politiche, che sono anche eventi di alta Qualità sono, fra
gli altri: la rivoluzione americana, la rivoluzione francese, la
rivoluzione d'ottobre in Russia, la rivoluzione cubana di Castro e le
rivoluzioni anticomuniste dell'Europa orientale. Robert
M. Pirsig nasce nel 1928 a Minneapolis, nel Minnesota, e lì trascorre
buona parte della sua vita. (Gent 1). Soltanto a 46 anni, nel 1974,
pubblica il suo primo libro, "Lo
Zen e l'Arte della Manutenzione della Motocicletta", ma
chiaramente vi inserisce tutti quegli schemi di pensiero che hanno
attraversato la sua mente per diversi anni in precedenza. Pirsig,
insegnante di filosofia e retorica al college di Bozeman, in Montana,
trascorse due anni in ospedale psichiatrico, durante i quali «mi
insegnarono ad andare d'accordo con gli altri, a scendere a compromessi,
ed io acconsentii» (citato in Gent 1). Fedro, il “fantasma” che
perseguita il protagonista di ZAMM, rappresenta il Pirsig precedente al
suo crollo mentale. Il romanzo, che in superficie è il racconto di un
viaggio in motocicletta attraverso gli Stati Uniti con il suo giovane
figlio Chris e due amici, a livello più profondo esprime le basi della
sua Metafisica della Qualità, una teoria originariamente sviluppata dal
quel misterioso Fedro che aveva abitato il suo stesso passato. Il 17
novembre 1979 Christopher Pirsig venne ucciso all'uscita da un centro Zen
a San Francisco e Robert con la moglie si trasferirono a Goteborg, Svezia
(Pirsig, postfazione a ZAMM). Pirsig ha scritto soltanto un altro libro,
Lila, che è stato pubblicato nel 1991 e approfondisce minuziosamente la
Metafisica della Qualità. Per una migliore comprensione di una rivoluzione, bisogna conoscere gli eventi storici che la precedono. Cominciamo dalla rivoluzione americana. Poco dopo lo sbarco di Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo ebbe inizio la colonizzazione delle Americhe. All'inizio, uno sparuto gruppo di esploratori e missionari costruì forti e villaggi con l'intento di impossessarsi delle terre e convertire gli indigeni. Nel 1565 il comandante Mendez costruisce S.Augustine, una minuscola roccaforte sulla costa atlantica della Florida (Downey, Giese, & Metcalf 41). Poco dopo Francesi ed Olandesi pongono in essere esplorazioni ed insediamenti propri. Dal 1697 si stabiliscono con successo in America gli inglesi, con la costruzione della colonia di Jamestown in Virginia (Downey, Giese, & Metcalf 55). A partire dal tardo '600 l'Inghilterra diviene la nazione europea più influente sulla costa atlantica, espandendo i suoi possedimenti dalla Georgia al Maine; e dopo 100 anni le 13 colonie hanno ormai preso forma in modo definitivo e si dotano di un governo con un certo grado d’indipendenza dalla Gran Bretagna (Downey, Giese, & Metcalf 77). Sebbene circa la metà degli abitanti delle 13 colonie fosse d’origine inglese, fu chiaro fin dall'inizio degli insediamenti che si trattava di un popolo diverso. Molti erano discendenti, o lo erano essi stessi, di dissidenti o di gente che aveva nel sangue uno spirito di avventura che non poteva essere soddisfatto nelle isole britanniche. I coloni erano americani, selvaggi e liberi, e stavano costruendo le loro vite trasformando lo squallore e la desolazione della costa atlantica americana in qualcosa allo stesso tempo turbolento e bellissimo. Una bellezza diversa, difficile da descrivere per mezzo del linguaggio e delle usanze del loro vecchio paese; ecco che quindi non ci si deve sorprendere delle differenze che sorsero fra Londra e New London, fra York e New York. L'accrescersi di tali differenze condusse alla rivoluzione americana. La
rivoluzione americana fu un grande Evento Qualità perché fu un
evento naturale, spontaneo; perché fu lo sforzo di una realtà
intellettuale che voleva sconfiggere una realtà sociale; e perché non
c'era traccia di divisione fra soggetto ed oggetto. Un grande Evento
Qualità è universalmente morale, così come propone Pirsig nella sua
Metafisica della Qualità. Robert Pirsig scrive in ”Lo Zen e l’arte
della manutenzione della motocicletta” che
«anche all'interno di una singola cultura si continua a chiudere i
sentieri vecchi per aprirne di nuovi» (128).
E continua affermando che questi non sono i percorsi più ovvi o più
prevedibili; semplicemente sono quelli che sorgono spontaneamente puntando
alla direzione più naturale nel momento in cui ce n’è bisogno. Verso
la metà del '700 i coloni d'America sentirono di essere stati trattati
ingiustamente. Erano oppressi da leggi che li tassavano, e quando nel 1766
le contestarono, si sentirono ancor più offesi ed arrabbiati per
l'atteggiamento protervo del parlamento britannico che sancì, nel Declaratory
Act, che «le suddette colonie… in America, sono state, sono e
dovranno essere giustamente subordinate a, e dipendenti da, la corona
imperiale» (citato in Dudley 67).
La reazione dei coloni fu immediata: combattere.
A dispetto della formazione di eserciti e dello sviluppo di
strategie militari, che sarebbero giunte più tardi, il cuore di questa
rivoluzione fu una collera spontanea da parte di individui oppressi. Il 16
dicembre 1773, a Boston, alcuni di questi individui, esasperati dal Tea
Act del 1773, che dava alla Britannica Compagnia delle Indie Orientali
il monopolio nelle americhe, rischiarono la propria vita e le proprie
professioni predando tre navi e gettando 342 casse di tè nel porto di
Boston (Downey, Giese, &
Metcalf 125). La stessa
Qualità, sorta in modo così spontaneo, la ritroviamo nelle battaglie di
Lexington e Concord, considerate l'inizio ufficiale della rivoluzione
americana. Qui 70 uomini della milizia si riunirono dopo aver saputo del
piano britannico di marciare sulle due città ed assalirle, e disertarono
(Downey, Giese, & Metcalf 127). Ciò che Emerson definì in seguito «lo
sparo udito in tutto il mondo» divenne famoso simbolo di un punto di
svolta per la storia d'America; anche se, in realtà, gli schemi statici
sociali e di governo non erano ancora stati formati. Quegli uomini
impavidi non stavano combattendo per un sistema di governo o economico;
combattevano perché in quel momento era morale farlo. L'alta Qualità può
essere ben vista nella spontaneità di questo percezione di moralità. La
rivoluzione americana fu un grande Evento Qualità per il diritto
morale di schemi intellettuali di dominare schemi sociali. Bodvar Skutvik,
studioso della Metafisica della Qualità, scrive: «Dobbiamo guardare
alla rivoluzione americana come ad una pietra miliare. Si trattò di
diritti e valori dell'individuo che si ergevano contro una sottomissione
sociale» (4). La dominazione britannica sull'America era in
forma altamente assolutista. I Coercive Acts del 1774, per esempio,
trasferivano tutti i processi militari in Inghilterra e riducevano il
potere del governo locale del Massachusetts: due provvedimenti tesi a
creare un altro modo attraverso cui la Gran Bretagna poteva controllare
ogni aspetto della vita delle colonie (Downey, Giese, & Metcalf 118).
Tali schemi sono al livello sociale e, particolarmente, di matrice
fascista, in quanto favoriscono l'ordine sociale al costo della libertà
personale. Gli ideali della rivoluzione americana, invece, erano basati
sugli schemi intellettuali di libertà e democrazia. Un pamphlet
pubblicato nel New Hampshire nel 1776, intitolato ”Il Popolo è il
miglior governante”, pose la base intellettuale per la democrazia: «Il
popolo conosce meglio i propri desideri e le proprie necessità, e dunque
ha migliore capacità di governare se stesso» (citato in Dudley 235).
Il riuscito dominio degli schemi intellettuali sugli schemi sociali
al termine della rivoluzione americana è chiaramente un segno del grande Evento
Qualità che ebbe luogo. La
rivoluzione americana mancava di separazione fra soggetto ed oggetto,
secondo i termini proposti da Robert Pirsig. Non c'era una struttura di
potere a dividere gli individui dalla rivoluzione. Gli individui,
aggregatisi seguendo la natura della propria causa, conducevano la
rivoluzione. Il soggetto (lo scopo personale dei rivoluzionari) era
sinonimo dell'oggetto (la rivoluzione stessa). Quando Adolf Hitler progettò
la presa della Polonia, lo fece attraverso la conoscenza di strategie
militari e la forza di truppe addestrate. I soldati erano dunque staccati
dalla loro causa, ed erano semplici marionette nelle mani di un potere più
forte. Non era stato così per i Minute Men, che erano uomini di
varia estrazione che vollero agire per ciò in cui credevano. Gli uomini
che combattevano avevano un interesse personale e diretto nella
rivoluzione; non erano mercenari che combattevano la guerra di qualcun
altro. Questa dimostrazione di interessi personali e di mancanza di
separazione fra soggetto ed oggetto rende evidente l'alta Qualità della
rivoluzione americana. La
rivoluzione francese fu molto influenzata dalla rivoluzione americana. Le
radici della lunga monarchia francese si trovano nella dinastia capetingia,
il cui primo re, Ugo Capeto, era un duca scelto nell'anno 987 da un gruppo
di nobili (Krieger, Neill, & Jantzen 234). La monarchia proseguì
attraverso le tenebre del medioevo e attraverso il Rinascimento; in alcuni
periodi fu debole, in altri forte, ma sempre ben assestata in cima alla
società francese. Il settecento fu un periodo di grandi cambiamenti in
Francia; un periodo di luce
nell'area della filosofia, della scienza e dell'economia. Diviene popolare
il salotto, come forma di incontro sociale; in queste riunioni, si
discuteva di filosofia, si criticavano la musica e la poesia (Krieger,
Neill, & Jantzen 463). Denis Diderot, filosofo e pensatore di quei
tempi, progettò la pubblicazione di una enciclopedia che avrebbe dovuto
rappresentare una raccolta della conoscenza in tutte le aree di studi (Krieger,
Neill, & Jantzen 464). Chiaramente
la Francia era molto più raffinata delle colonie che lottavano per
sopravvivere nelle americhe. Gli americani badavano alla funzione, mentre
i Francesi si concentravano di più sull'estetica; ma la Francia non era
certo immune da problemi. Il divario fra ricchi e poveri cresceva sempre
più regolarmente. I progressi nella ragione e nella scienza furono per lo
più appannaggio delle classi alte, mentre la vasta maggioranza dei
lavoratori delle campagne e delle città non aveva ancora imparato a
leggere. Chiaramente già dalla metà del diciassettesimo secolo una
rivolta civile era inevitabile. La rivoluzione francese fu il risultato. La
rivoluzione francese fu un grande Evento Qualità perché fu un
evento naturale e spontaneo, perché era una lotta di schemi intellettuali
per liberarsi da schemi sociali, e perché non c'era divisione fra
soggetto ed oggetto. Come la rivoluzione americana, la rivoluzione
francese si sviluppò spontaneamente come la scelta più giusta in quel
momento, data la situazione. In “Lo Zen e l’arte della manutenzione
della motocicletta”, Robert
Pirsig scrive: «Invece di ampliare i rami di
quello che già si conosce, bisogna fermarsi e lasciarsi andare alla
deriva finché non ci si imbatte in qualcosa che consenta di ampliare le
radici di quello che già si conosce. Credo che lo stesso valga nel caso
di un’intera civiltà: viene il momento in cui è necessario ampliare le
radici » (170). La
Rivoluzione Francese fu il risultato del fatto che individui all'interno
della popolazione francese, dopo essere sfuggiti “lateralmente” al
potere assoluto, si accorsero della improvvisa apparizione di una loro
possibilità di espandere la Francia alle sue radici. All'apparire di tale
opportunità, ci fu una spontanea reazione di enormi proporzioni, ben
visibile negli eventi del 14 Luglio 1789. Quel giorno migliaia di parigini
presero la Bastiglia, un’antica fortezza che conteneva l'artiglieria
della monarchia e diversi prigionieri (Paxton 27). Esplosero scontri fra
le strade, simboli di un’esplosione spontanea di una rabbia individuale
contro il governo oppressivo. Questo sviluppo naturale di una strada
iniziata spontaneamente indica l'alta Qualità della rivoluzione francese. Con
l'odore di libertà nell'aria, i rivoluzionari francesi insorsero. Nei
successivi dieci anni assistiamo ad una serie di battaglie fra schemi
intellettuali e sociali. La dittatura monarchica era uno schema sociale
basato sul desiderio di potere e controllo. La società francese era
articolata in tre settori, socialmente divisi. Il primo "stato"
era la chiesa cattolica, che deteneva la proprietà di circa il 10 per
cento delle terre e i cui più alti esponenti erano fra i più benestanti
in Francia (Downey, Giese, & Metcalf 483). Il secondo
"stato" consisteva nei nobili, che numericamente rappresentavano
meno del due per cento della popolazione, ma detenevano più del 20 per
cento della terra; infine il terzo stato, corrispondente ad oltre il 98%
della popolazione, non aveva voce politica, e perdeva quasi la metà dei
propri introiti in tasse (Downey, Giese, & Metcalf 484). Nel secolo
precedente, questa configurazione sociale era stata minacciata dagli
attacchi di uno schema intellettuale basato su molti dei principi di
libertà e democrazia che avevano dominato la scena intellettuale
americana. Già nel 1748 il filosofo francese Charles-Louis de Montesquieu
aveva scritto nel suo “Lo spirito delle leggi”: «Quando la
popolazione di una repubblica possiede il potere supremo, chiamiamo ciò
democrazia. In una democrazia la gente è per certi versi sovrana , per
altri versi soggetto » (citato in Dudley 33). Questo senso di libertà,
di supremazia dell'intelletto sulla società, non abbandonò l'anima della
rivoluzione. Appena il re di Francia, Luigi XVI, fu eliminato, altri
leader come Robespierre, che tentò di guadagnarsi il potere attraverso la
sua repubblica delle virtù, furono mandati a morte in questo
processo che muoveva la Francia verso la democrazia e la libertà. (Krieger, Neill, & Jantzen 490). L'alta
Qualità è dimostrata dalla vittoria dell'intelletto sulla società. Così
come per la rivoluzione americana, non ci fu differenziazione fra soggetto
ed oggetto in quella francese. Sebbene siano stati fatti tentativi di
organizzare una assemblea nazionale ed una assemblea legislativa, non
c'era alcuna reale struttura di potere in Francia durante la rivoluzione.
Nonostante sia vero che non sarebbe stato un bene che questo caos
anarchico perdurasse indefinitamente, e che un governo organizzato fece
seguito alla rivoluzione, questo breve periodo di anarchia è un segno di
Qualità Dinamica, nel senso di miglioramento che si verifica grazie a
profonde modificazioni di struttura; un movimento da un livello statico ad
un livello statico più alto. Nel caso della rivoluzione francese ci fu un
movimento dinamico dalla monarchia alla democrazia. A quell'epoca molti
(specialmente nelle classi più alte) possono aver sentito che tutto quel
caos e quelle lotte erano un male, o quanto meno portatrici di tanti
problemi non necessari; ma, come scrive Robert Pirsig in “Lila”:
«A introdurre veri mutamenti
sociali non sono i “bravi” cittadini, che sembrano tanto bravi perché
se ne stanno zitti in fila. Sono
i “cattivi”, gli individui che solo a cent’anni di distanza
risulteranno bravi, la vera forza dinamica ...» (185). Tutto
ciò può essere visto come identità di soggetto ed oggetto, almeno fin
tanto che questi cattivi soggetti della rivoluzione francese
combatterono per qualcosa di reale, qualcosa che desideravano
direttamente. Il soggetto dei loro desideri era l'oggetto della
rivoluzione. Gli uomini che assaltarono la Bastiglia , per esempio, non
erano soldati, ma gente comune, molti dei quali lavoratori e famiglie di
Faubourg St. Antoine (Paxton 27). Un altro importante esempio della
identità di soggetto ed oggetto nella rivoluzione francese è il
contestuale conflitto per i dritti della donna. Nel 1791, una
rivoluzionaria di nome Olimpia de Gouges scrisse una “Dichiarazione
dei Diritti delle Donne” nella quale domandava che le donne
ottenessero gli stessi diritti per i quali la controparte maschile stava
lottando (Krieger, Neill, & Jantzen 488). Fu questo forte interesse
personale, in tutti i suoi aspetti, la forza trainante della rivoluzione
francese. La forte identificazione fra gli individui e ciò per cui
lottavano denota il fatto che la rivoluzione francese fu un grande Evento
Qualità. Le
vaste aree della Russia stavano sperimentando molti degli stessi
avanzamenti culturali ed artistici di altre parti d'Europa nel periodo
dell'illuminismo francese. Nel 1682 Pietro Romanov divenne Zar di Russia,
e presto si guadagnò l'appellativo di Pietro il Grande (Krieger, Neill,
& Jantzen 448). Pietro il Grande trasformò magicamente la Russia: da
una landa desolata, piuttosto
distaccata dal resto del mondo, in una nazione civilizzata ed occidentale.
Ordinò la costruzione di una città completamente nuova, che fu poi
chiamata San Pietroburgo in onore del suo santo protettore. Questa città
divenne sia il centro culturale, sia il baricentro del potere economico e
politico in Russia. Il potere degli Zar continuò attraverso il
diciottesimo ed il diciannovesimo secolo, fino all'inizio del ventesimo. Nel
1895, Zar Nicola II ereditò il trono, e, a dispetto di chi sperava in un
riformatore radicale, capace di condurre la Russia nel nuovo secolo,
apportò ben poche innovazioni (Krieger, Neill, & Jantzen 645). Dal
1905, la rabbia crebbe a tal punto che 200.000 lavoratori marciarono sul
Palazzo d'Inverno a San Pietroburgo; fra l'orrore dei riformatori, furono
affrontati col fuoco dai soldati dello Zar e non meno di 1.000
contestatori rimasero uccisi (Krieger, Neill, & Jantzen 647). Nove
mesi dopo quel giorno infame, noto come la Domenica di Sangue, lo
Zar cedette alla richiesta di un parlamento democratico, da allora
conosciuto col nome di Duma (Krieger, Neill, & Jantzen 647). In
realtà la Duma ebbe ben poche possibilità di controllare lo Zar e
le sue decisioni, e il potere assoluto continuò a regnare in Russia. Non
sembrava che la spaccatura fra la classe dirigente e le classi lavoratrici
si potesse oramai più ridurre. Nel tentativo di trovare un rimedio al
problema sorsero diversi partiti, fra cui il partito socialdemocratico,
che aveva iniziato la sua crescita rapida ad inizio secolo sotto la guida
di Julius Martov e Vladimir Ilich Ulianov, soprannominato Lenin (Curtiss
13). I primi segnali seri di rivoluzione in Russia si palesarono nel 1917. La
rivoluzione russa, nota anche come rivoluzione d'ottobre (1917),
fu un grande Evento Qualità perché fu naturale e
spontanea, perché era uno sforzo di schemi intellettuali di sovrastare
schemi sociali, e perché non ci fu separazione fra soggetto ed oggetto.
Robert Pirsig scrive all'inizio di “Lo
Zen e l’Arte della Manutenzione della Motocicletta”: «Mi
piacerebbe interessarmi alla domanda “Che c’è di meglio?”, che
scava in profondità invece che in ampiezza; una domanda la cui risposta
ci fa muovere nella direzione in cui scorre la corrente» (16).
La
ricerca di qualcosa di meglio è un modo perfetto per descrivere la
spontaneità della rivoluzione russa del 1917. Vladimir Lenin, Leon
Trotsky e Josip Stalin, leader dei Bolscevichi, un gruppo di rivoluzionari
marxisti, sapevano che ciò che era meglio non erano le file di donne
affamate, i bambini che chiedevano pane a S.Pietroburgo o l'ingiusto
trattamento subito dai lavoratori nei grandi impianti industriali (Curtiss
29). Come per la rivoluzione francese, la rivoluzione russa fu il
risultato di una crescita diffusa della rabbia, che, in quel momento
storico coincideva con una debolezza nel regime totalitario che governava
il paese. Il 15 marzo 1917 Alexander Kerensky ed il suo governo
provvisorio presero il controllo della Russia, ma per la natura stessa
degli schemi dinamici, il governo durò solo 6 mesi, dopo di che i
Bolscevichi iniziarono la loro riuscita rivoluzione d'ottobre (Harvey 77).
L'effettivo
passaggio di mano fra il governo Kerensky ed i Bolscevichi di Lenin ebbe
luogo rapidamente, nel volgere di pochi giorni; Trotsky marciò
letteralmente sulla fortezza dei Santi Pietro e Paolo a San Pietroburgo e
guadagnò il sostegno dei soldati sorpresi che egli vi trovò (Curtiss
75). Il giorno dopo, il 7 novembre, i bolscevichi assunsero il controllo
delle banche, della compagnia telefonica, degli edifici governativi e del
Palazzo d'Inverno (Curtiss 77). Lenin e la sua Armata Rossa seguivano un
senso naturale di Qualità, diretta a ciò che sentivano essere giusto.
A metà ottobre 1917, Lenin aveva scritto in un appello alle masse: «No, nemmeno un sol giorno di
rinvio il popolo è disposto a sopportare, nemmeno un sol giorno in più
possiamo sopportare di vedere i contadini repressi dalle forze armate,
migliaia su migliaia morire in guerra, mentre una giusta pace può e deve
essere offerta già adesso» (Lenin 60). La
descrizione di una rabbia sul punto di un’esplosione spontanea dimostra
l'alta Qualità della rivoluzione russa. Sebbene sia stata piuttosto
diversa dalle rivoluzioni francese ed americana, anche la rivoluzione
d'ottobre può essere descritta come una vittoria di schemi intellettuali
su schemi sociali. Bodvar Skutvik scrive in proposito:
«La Rivoluzione d'Ottobre non sembra essere il modello dello
scontro intelletto/società, ma io credo che lo sia stato. Il regime degli
Zar era tipicamente d'elite: la nobiltà e la gente comune» (5).
Prosegue spiegando la sua convinzione che sebbene la teoria marxista sia
errata nella sua definizione economica del proletariato «la 'libertà'
[della rivoluzione] … era una ideologia, un'idea di meglio» (5). In
questo modo, lo schema di controllo sociale sotto lo Zar Nicola II, e poi
sotto Kerensky, fu sgominato dallo schema intellettuale del senso di
libertà di Lenin, che fu poi
portato ad un livello più alta importanza dalla sottostante ideologia
marxista. L'8 novembre 1917 Lenin propose il suo “Decreto sulla
Pace” nel quale dichiarò che la Russia non avrebbe partecipato a
nessun ulteriore conflitto in Europa, affermando: «Il governo considera massimo crimine contro l'umanità continuare questa guerra col proposito di spezzare nelle nazioni ricche e forti le flebili nazionalità che hanno conquistato… [inoltre] il governo abolisce la diplomazia segreta … e condurrà tutti i negoziati sotto lo sguardo di tutto il popolo» (citato in Curtiss 173). Tralasciando i pregiudizi, si può notare che come risultato della rivoluzione russa di ottobre si è avuto che gli schemi intellettuali del diritto dell'individuo alla vita e alla conoscenza hanno avuto il sopravvento sugli schemi sociali del controllo zarista; e ciò denota un grande Evento Qualità. Ritroviamo
nella rivoluzione russa la stessa intima identità di soggetto ed oggetto
che abbiamo analizzato per le rivoluzioni americana e francese. I
Bolscevichi ed i loro seguaci misero un impegno molto personale nella
rivoluzione. In “Lo Zen e l'Arte della Manutenzione della
Motocicletta” Robert Pirsig descrive la differenza nella Qualità
del lavoro quando esiste un coinvolgimento personale.
Descrive dei meccanici in una officina, talmente poco impegnati nel
lavoro che finivano col causare più problemi di quelli che risolvevano: «Sembravano
degli spettatori… Non si identificavano per niente con il loro
mestiere… si capiva subito che alle cinque del pomeriggio avrebbero
tagliato la corda senza più neanche un pensiero per il lavoro» (34). La
rivoluzione russa fu esattamente l'opposto; assomigliava di più ad un
meccanico impegnato nella manutenzione della sua vecchia moto. Una folla
affamata, arrabbiata per l'aumento dei prezzi del pane e della farina a
Rostov sul Don, per esempio, irruppe nel dipartimento al cibo della città
il 10 ottobre 1917, domandando un abbassamento dei prezzi; simili
esplosioni di rabbia contro i monopoli del cibo si ebbero in altre parti
del paese nello stesso periodo (Curtiss 151). In tutti i casi, la gente
affamata era la stessa che combatteva per le strade. Non c'era una
struttura di potere che guidava la rivolta; coloro che avevano bisogno di
una rivoluzione erano gli stessi che la combattevano. Da questo punto di
vista la rivoluzione russa fu un grande Evento Qualità. A
migliaia di chilometri di distanza, Cuba, la più grande isola caraibica,
era stata liberata dal dominio spagnolo durante la guerra Ispano-Americana
del 1898 (Harvey 310). A partire dal
1934 Fulgencio Batista ne diventato il dittatore, senza elezioni e
comandava senza un parlamento, mantenendo il potere grazie ad una polizia
segreta (Krieger, Neill, & Jantzen 814). Nel frattempo a Cuba stava
montando lo scontento e migliaia di individui quali Fidel Castro ed
Ernesto "Che" Guevara cominciarono a formulare una forte ostilità
verso il regime di Fulgencio. A partire dalla metà degli anni 50 il paese
si ritrovò nel mezzo di una rivoluzione. La
rivoluzione cubana fu un grande Evento Qualità, poiché fu un
evento naturale e spontaneo, perché era una lotta di schemi intellettuali
per sovvertire schemi sociali, e perché non c’èra separazione fra
soggetto ed oggetto. La rivoluzione cubana è stata una delle più
spontanee e naturali rivoluzioni che si sia mai verificata.. A dispetto
della sua grande leadership, Fidel Castro non avrebbe avuto successo nella
sua lotta per la libertà di Cuba, che durò dal 1953 al 1959,
senza una spontanea e naturale concomitanza di eventi e sentimenti.
L’atmosfera a Cuba era giusta per una rivoluzione.
Lo stesso Castro aveva detto: «non restano alternative, in
questo paese, alla
rivoluzione » (citato in Szulc 344). Tad Szulc, vicino a Fidel
Castro, ed autore della biografia ”Fidel”
ha la sensazione che la rivoluzione cubana non si sarebbe mai verificata
senza la crudeltà del golpe di Batista e l’avversione che la
maggioranza del popolo cubano provava contro di lui (Szulc 213). Pare che
nel suo unico viaggio negli stati uniti, nel 1960, Fidel Castro, che a
Cuba era stato avvocato, ricordando gli eventi del decennio appena
trascorso ad un giovane avvocato di Whashington, abbia detto: «era più
facile fare il rivoluzionario che non l’avvocato». Di certo Fidel
Castro ed i suoi seguaci rivoluzionari stavano semplicemente seguendo il
percorso del meglio che intravedevano davanti a loro. Fidel Castro
si trovava sulla spontanea, Dinamica punta di diamante della realtà
descritta da Robert Pirsig. La sua dedizione all’immediato fu così
intensa che quando fu processato nel 1953 per aver comandato la famosa
sommossa del 26 luglio contro il governo, non solo non cercò di fare
marcia indietro per salvare il proprio futuro; riaffermò invece proprio
quello in cui credeva, terminando con la frase: «Condannatemi, non
importa: la storia mi assolverà» (Krieger, Neill, & Jantzen
813). Queste parole sincere e spontanee di rabbia erano tipiche di Fidel
Castro e della rivoluzione in generale, e ne dimostrano la forte
spontaneità ed il posto nella storia come un grande Evento Qualità.
In
“Lo Zen e l’Arte della
Manutenzione della Motocicletta” Robert Pirsig scrive: «Si
dice a volte che non c’è un progresso vero e proprio… ma
quest’argomentazione … non regge… la vita moderna può essere
definita un progresso senza timore di esagerare, e l’unico fattore
determinante di questo progresso è chiaramente la ragione stessa»
(128).
Il
maggior valore degli schemi intellettuali rispetto a quelli sociali grazie
all’uso della ragione è ben chiaro nella rivoluzione cubana. Fulgencio
Batista, come gli altri leader totalitari già visti a proposito di altre
rivoluzioni, permetteva poca libertà personale e negava il diritto degli
individui a partecipare alle decisioni di governo. Fidel Castro ed il suo
collega intellettuale, Ernesto "Che" Guevara, si facevano invece
forza dell’ideale intellettuale di dominare gli schemi sociali di
Batista. In quel famoso giorno del 1953, in aula, Fidel Castro proclamò
orgogliosamente che «Cuba dovrebbe essere il baluardo della libertà»
(Krieger, Neill, & Jantzen 813). Castro, come tanti altri
rivoluzionari prima di lui, enfatizzava gli ideali intellettuali di libertà
di parola e la concessione del voto popolare nelle elezioni locali. E’
in un certo qual modo ironico che ora si accusi Fidel Castro di aver
calpestato proprio quei diritti, ma, come dice Bodvar Skutvik proprio a
proposito di questa situazione: «Il fatto che molti sconvolgimenti
politici diano, come risultato, un periodo di terrore non ha nulla a che
vedere con l’impeto iniziale» (4). Gli schemi intellettuali
immediati della rivoluzione cubana ebbero certamente la meglio sugli
schemi sociali del regime di Batista, e questo la caratterizza come grande
Evento Qualità. La
rivoluzione cubana è uno dei più puri esempi di unità di soggetto ed
oggetto. Gli ideali per cui si combatteva la rivoluzione erano in mano a
chi combatteva. La dedizione di Castro agli ideali della rivoluzione era
così forte che, contrariamente a quanto si crede, egli rifiutò di
aderire al movimento comunista di Cuba durante la rivoluzione (Szulc 219).
E’ ovvio che sia stato influenzato dal comunismo, ma, come disse il suo
compagno Alfredo Guevara: «Mentre il partito [comunista] aveva in
mente la lotta di classe, Fidel pensava ad una azione diretta, ad una
insurrezione popolare». Castro ed i suoi conducevano una guerra
personale contro Batista, e non volevano essere in alcun modo separati
dalla rivoluzione per opera di strutture politiche o economiche.
Questo è evidente nel ritorno (dicembre del 1956) di Fidel Castro
e altri 82 uomini che erano stati esiliati in Messico; le forze di Batista
catturarono e uccisero la maggior parte di quegli uomini; soltanto Castro
con altri undici sopravvissero e fuggirono fra le montagne della Sierra
Maestra (Krieger, Neill, & Jantzen 815). Uomini che si sacrificarono
coraggiosamente per ideali nei quali credevano. In quel momento
d’immediata sconfitta, ma in ultima analisi di trionfo, c’era una
assoluta mancanza di potere strutturato. I rivoluzionari erano la
rivoluzione; soggetto ed oggetto erano la stessa cosa. L’alta Qualità
della rivoluzione cubana è evidente. Nello
stesso periodo, i paesi dell’Europa orientale erano rapidamente divenuti
dittature. A partire dagli anni ’60 Polonia, Germania Est,
Cecoslovacchia, Ungheria, Jugoslavia, Albania, Bulgaria e Romania erano
governate da dittatori comunisti la maggior parte dei quali soggiogati ai
capricci dell’Unione Sovietica, la centrale comunista del mondo. A
dispetto delle promesse di libertà ed uguaglianza proclamate da Lenin, in
quei paesi c’era ben poca libertà, e partire dagli anni ‘80 fu chiaro
che il gap fra il governo e gli individui stava diventando sempre più
ampio. Come visto nei casi precedenti di rivoluzione, una rivolta sembrava
alle porte, ma nessuno sapeva quando, dove, o fino a che punto avrebbe
cambiato il mondo. Le
rivoluzioni anticomuniste dell’Europa orientale furono grandi Eventi
Qualità perché furono naturali e spontanee, perché erano lo sforzo
di schemi intellettuali di sovrastare schemi sociali, e perché non ci fu
alcuna separazione fra soggetto ed oggetto. Tutte le rivoluzioni
anticomuniste ebbero luogo nel 1989; poi, nel 1991, anche l’Unione
Sovietica cadde. Alcune rivoluzioni furono pacifiche ed incruente, mentre
in altri casi si ebbero dure battaglie per la libertà. Le rivoluzioni
dell’Europa orientale furono molto spontanee. La rabbia era cresciuta in
persone i cui diritti erano stati calpestati per anni da regimi
totalitari. Ancora una volta si aprirono finestre sulla possibilità di
cambiamento, e fu chiaro che, data la situazione, quella era la strada da
seguire. Quelle finestre sul cambiamento erano la glasnost e la perestroika,
programmi di ampia riforma impostati dal presidente sovietico Mikhail
Gorbaciov che involontariamente decretò la fine del comunismo in Europa
orientale. Già nel 1988, i lavoratori polacchi erano entrati in sciopero,
chiedendo riforme politiche ed economiche immediate. In Germania Est si
ebbero diverse manifestazioni antigovernative in molte delle città
principali (Krieger, Neill,
& Jantzen 854). A seguito
della repressione di una protesta di studenti a Praga, Cecoslovacchia, nel
1989, migliaia di persone affollarono la Piazza San Venceslao per
protestare (Krieger, Neill, & Jantzen 856). Scriveva un giornalista «Ogni
porta di ogni casa sembra aprirsi, e versare quaranta anni di frustrazione
per le strade» (citato in Krieger, Neill, & Jantzen 856).
Il 24 novembre oltre mezzo milione di persone si radunarono nella
periferia di Praga, mostrando l’esplosione spontanea di tante
frustrazioni (Krieger, Neill, & Jantzen 857).
Nel dicembre del 1989 solo la Romania restava sotto il controllo di
intransigenti comunisti, il presidente Nicolae Ceaucescu e sua moglie. Ma
quando il dittatore ordinò alle truppe di far fuoco sui dimostranti a
Timisoara, il 17 dicembre, si ebbe una esplosione di protesta popolare e
spontanea, e già il giorno di Natale Ceaucescu e la moglie erano sotto
processo, accusati di genocidio; vennero infine giustiziati da un plotone
di esecuzione (Harvey 422). La cosa più stupefacente è che solo un anno
prima tutta l’Europa orientale era nascosta al di là della Cortina
di Ferro, e a molti cittadini si impediva addirittura di celebrare il
Natale. La svolta così repentina verso il meglio è il segno stupefacente
dell’alta Qualità di queste rivoluzioni. Sebbene
la rivoluzione comunista di Lenin sia stata una vittoria definitiva di
schemi intellettuali sopra schemi sociali, la realtà statica che ne
conseguì in Unione Sovietica fu semplicemente un altro schema sociale di
controllo militare delle menti. Con lo scoppio delle rivoluzioni
anticomuniste nell’Europa orientale, fu chiaro che uno schema
intellettuale era di nuovo in pista per ottenere il giusto dominio sugli
schemi sociali. Alexander Dubcek, riformista Ceco che era stato tenuto
nascosto all’opinione pubblica per 32 anni a seguito del suo impegno
nella rivolta del 1968, riapparve sulla scena politica predicando gli
stessi ideali dei rivoluzionari di tutto il mondo, libertà e democrazia: «Disse
il vecchio saggio, “se una volta c’è stata luce, perché mai
dovrebbero tornare le tenebre?” Lasciateci riaccendere la luce» (citato
in Krieger, Neill, & Jantzen 856). Vaclav Havel, un intellettuale e
scrittore che aveva predicato per anni la necessità del cambiamento,
improvvisamente si trovò in primo piano e fu eletto capo di stato in
Cecoslovacchia (Harvey 422). Un chiaro segno che in Europa orientale
l’intelletto aveva infine trovato il suo posto morale di dominio sugli
schemi sociali. L’alta Qualità di quegli eventi
è visibile chiara, anche fra tanti problemi economici e caos
sociale. In
”Lila”Robert Pirsig scrive: “Le persone, come qualunque
altra cosa, funzionano meglio se collegate in parallelo anziché in
serie… quando le cose sono organizzate socialisticamente in serie
burocratiche, ogni aumento della complessità accresce le probabilità di
insuccesso». (254).
Lo
si vede bene con la separazione soggetto/oggetto propria dei governi
dell’Europa orientale. Il governo era cosa separata dagli individui,
che si suppone dovesse rappresentare. La pianificazione economica
centralizzata sovietica, per esempio, prendeva decisioni economiche per i
singoli individui della società, invece di limitarsi a regolare un
sistema di prezzi che potesse governare l’attività economica. Nel
corso delle rivoluzioni anticomuniste si ebbe l’esatto opposto.
Improvvisamente la gente lavorava in parallelo; non c’era struttura di
potere a separare la gente dalle rivoluzioni stesse. I 500.000
manifestanti che si riunirono a Praga in quel freddo pomeriggio di
novembre erano il cuore della rivoluzione. La loro sofferenza era la causa
della rivoluzione, la loro libertà fu l’effetto. Nell’agosto
del 1991 gli eventi ebbero una brusca accelerazione a Mosca, Unione
Sovietica, quando, nel tentativo estremo di mantenere l’ordine sociale,
l’Armata Rossa e unità speciali del KGB, la polizia segreta sovietica,
tentarono un colpo di stato con la scusa di prevenire sommosse (Harvey
423). Il golpe fece fiasco nel momento in cui i carri armati si
arrestarono ed i sodati rifiutarono di aprire il fuoco sui dimostranti
(Krieger, Neill, & Jantzen 850).
Appena il nuovo leader indipendentista Boris Eltsin si arrampicò
su di un carro e proclamò di aver sconfitto il regime comunista, il
raccordo fra soggetto ed oggetto fu completato, ed iniziò una nuova era
nella storia del mondo. Individui avevano combattuto una guerra personale
per se stessi nelle strade di Mosca, e l’esercito contro cui avevano
lottato si arrese e si unì a loro nella celebrazione di uno scatto
dinamico in avanti verso un nuovo e più alto schema statico. Lo sesso
Gorbaciov , di ritorno a Mosca, riconobbe i cambiamenti , affermando da
bordo dell’aereo con cui stava raggiungendo la capitale: «Stiamo
volando verso una nuova era» (citato in Krieger, Neill, & Jantzen
850). Era chiaro in quel momento che tutte le rivoluzioni comuniste
dell’Europa orientale erano stati grandi Eventi Qualità, lotte
di individui per gli individui. Gli
argomenti presentati in questo articolo rispondono ad una questione che ha
abitato la mia mente per un anno e che senza dubbio si era già sviluppata
in qualche forma latente da ben più tempo. Per molti anni sono stato
affascinato dal comunismo, il che sembra difficile da spiegare, data la
mia provenienza: classe media bianca americana, padre cattolico, madre
protestante. «Il comunismo è cattivo», mi dicevano. «I comunisti hanno
perseguitato i cristiani». Avevano
buone ragioni per dirlo, poiché avevano visitato la Jugoslavia e la
Romania durante la guerra fredda, negli anni ’60, e avevano inoltre
aiutato molti profughi vietnamiti a sfuggire dalle grinfie del comunismo
durante la guerra del Vietnam; ciononostante, non volevo credere loro.
Collezionavo cimeli comunisti e leggevo il “Manifesto del Partito
Comunista” (all’epoca, data la mia limitata conoscenza in campo
economico, capivo poco più che se l’avessi letto direttamente in
tedesco), ed in qualche modo sentivo che c’era un che di rivoluzionario.
Leggevo tutto ciò che potevo su Lenin, e Castro ed avevo preso contatti
anche in Russia, Polonia e Cuba per saperne di più. Poi ci fu un primo
avvenimento; mi avvicinai al partito comunista USA. Leggevo i loro libri e
giornali e sostenevo i loro proclami: «Basta razzismo! Pari diritti
alle donne! Pari diritti ai lavoratori immigrati! Stop alle spese
militari! Basta guerre! » (citato dal certificato di adesione al PC
USA). Sembrava tutto un
po’ idealista ma non male, così mi iscrissi al partito ed ero fiero di
affermare di essere un militante comunista al servizio della giustizia
sociale e della pace nel mondo. Finalmente vedevo qualcosa di vero e
tangibile per cui i comunisti lottavano;
e sapevo che era giusto. Un
secondo evento fu la ancor più stupefacente rivelazione che ebbi nel
momento in cui realizzai che non avevo mai veramente capito fino in fondo
cosa fosse il comunismo. Iniziò tutto quando una cara amica mi chiese
perché io fossi un comunista. Sembrava una semplice domanda, a cui
fornire la tipica risposta sulle intuizioni di Marx, il proletariato, le
masse; ma più ci pensavo, meno ne sapevo, ed ogni mio argomento mi
tornava indietro come un’eco. Infine diedi una scrollata alla mia
cocciutaggine e le scrissi queste parole: «Mi
sbagliavo a proposito del comunismo. Fino a che mi sentivo un comunista,
dovevo trovare qualcosa per difenderlo. Quando sei parte di qualcosa… ci
sei dentro, ti inghiottisce, e non riesci a vederlo in prospettiva. Con
tutti i miei ragionamenti sull’essere libero e progressista, non lo ero
affatto. Non aprivo gli occhi e la mente alle idee degli altri: piuttosto,
mi arrampicavo sugli specchi alla ricerca di vie d’uscita. Quando
guardavo alle atrocità compiute nei paesi comunisti dovevo trovare il
modo di spiegarle… erano degenerazioni del sistema. Facevo così, invece
di guardare tutta la cosa ed accorgermi che c’era qualcosa di sbagliato.
Lavori
citati. Anonymous: lawyer on Amtrak
train en route from Rhode Island to Washington, D.C.. Downey, Matthew T., James R.
Giese, and Fay D. Metcalf. United States History: In the Course of
Human Events. New York: West Publishing Company, 1997. Dudley, William L. [editor]. The
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1992. Fuller, R. Buckminster. Critical Path. New York: St. Martin's
Press, 1981. Gent, George. "A
Successful Pirsig Rethinks Life of Zen and Science." New York Times:
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Langan Modern Philosophy. New York: Random House Publishing
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Microsoft Corporation, 1999. CD-ROM. Paxton, John. Companion to
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Inquiry Into Morals. New York: Bantam Books, 1991. Pirsig, Robert M. Zen and
the Art of Motorcycle Maintenance: An Inquiry Into Values. New York:
William Morrow Publishing Company, 1999. "Revolution." World
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the author. 2 May 2000. Szulc, Tad. Fidel: A
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